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Come miei tanti coetanei, ho incontrato la politica tra le aule del liceo Muratori di Modena, dopo il ’68 e in seguito all’università di Bologna, dove mi sono laureata in scienze politiche.
Sono nata a Modena – dove abito – nel ’51. Come è accaduto spesso alle persone della mia generazione, mi sono trovata ad affrontare dissidi con la mia famiglia: affrontarli mi ha consentito di costruire la mia autonomia personale e politica, che ha anche coinciso con la scelta di sposarmi e di avere un figlio a 20 anni.
Ho sempre pensato al mio futuro immaginando un impegno professionale di carattere pubblico, e infatti il mio primo lavoro, negli anni ’70, fu in uno studio di architettura, dove ho avuto l’occasione di lavorare sulla riqualificazione dei centri storici della provincia modenese. Un modo per intervenire sulla qualità di quella parte delle città e dei paesi che rappresenta la storia, l’identità stessa della comunità, che racchiude i simboli della cultura e i luoghi dell’incontro. Centri storici dove – in quegli anni – giungevano i nuovi cittadini provenienti dal Sud Italia.
Poi iniziò l’impegno nell’insegnamento, durato 9 anni: da subito la mia scelta fu di insegnare nelle classi serali di un istituto tecnico-commerciale a Carpi. Insegnare in quegli anni alle serali, per me, significava avere l’occasione di restituire pari opportunità a coloro che – per difficoltà sociali, familiari, economiche – erano stati costretti a lasciare i banchi di scuola. Lavorare con quegli studenti già adulti – cui ancora oggi sono legata da rapporti di amicizia – ha rafforzato la mia convinzione di base: nessuno deve essere lasciato indietro. Tutti hanno diritto all’istruzione.
Intanto gli impegni si sommavano: un figlio piccolo, il lavoro, la casa, le prime esperienze in politica. Un concentrarsi di ruoli che la maggioranza delle donne sperimenta e che – da allora – mi ha convinto ad impegnarmi anche sul fronte delle politiche di pari opportunità, per aiutare le donne a destreggiarsi tra il lavoro fuori casa e gli impegni familiari. La mia “militanza” a favore delle donne non è dunque passata attraverso gruppi o movimenti femministi – il cui ruolo di fermento culturale e politico è stato insostituibile – ma nasce dalla concretezza dell’esperienza vissuta in prima persona: quella della vita di ogni donna che non vuole rinunciare a nessuno dei suoi ruoli.
Proprio grazie alla maternità, infatti, ho iniziato a partecipare al comitato di gestione della scuola dell’infanzia di mio figlio, una straordinaria esperienza di governo sociale di un servizio educativo, nucleo primario di crescita culturale e di politica attiva. Era il comitato della scuola d’infanzia Tamburini: lì ho incontrato Piero Beccaria (che sarebbe poi diventato sindaco di Modena). L’incontro con Piero fu, per me, l’avvio di un’amicizia personale e l’inizio di un impegno anche nella politica di partito.
La mia iscrizione al Pci è del 1977. Nel 1980, sono stata eletta consigliere di quartiere del centro storico. Dopo essere entrata nel consiglio comunale di Modena sono stata nominata assessore alla sanità e alle politiche sociali dal 1985 al 1992. Ho ricoperto poi l’incarico di assessore all’urbanista e all’ambiente e dal 1994 di sindaco.
Il mio impegno politico è proseguito, fino ad ora, nelle istituzioni pubbliche. Il ruolo di amministratore mi è sempre parso quello più adatto all’impegno che avevo preso con me stessa: rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone di avere eguali possibilità di studiare, di lavorare, di contribuire alla crescita di sé e della società. Eletta Consigliere regionale nel 1995, ho ricoperto l’incarico di presidente della Commissione consiliare sicurezza sociale. Dal 2000 il presidente Errani mi ha chiamato a ricoprire l’incarico di assessore alla scuola, formazione professionale, università, lavoro e pari opportunità. Un incarico importante che ho affrontato con impegno, nella consapevolezza del suo valore strategico rispetto alla costruzione di un domani migliore per tutti noi.
Con questa consapevolezza, ho proposto al consiglio regionale – che le ha approvate – tre leggi: una sul diritto allo studio, che ha consentito a tanti studenti delle scuole elementari, medie e superiori di ottenere borse di studio; una sull’istruzione e la formazione. La chiamo la legge del “non uno di meno” (anche se quasi tutti la chiamano “legge Bastico”) richiamandomi al bellissimo film di Zhang Yimou, perché l’obiettivo della legge è che tutti i ragazzi della regione – tutti e non uno di meno – possano raggiungere un diploma o una qualifica professionale; infine una legge sul lavoro: “Legge anti-Biagi”, l’hanno chiamata, del tutto immotivatamente. Per me è non uno strumento “anti”, ma “per”: per i giovani, per le imprese, per i disabili e gli svantaggiati, per il nostro futuro. Un testo, che abbiamo costruito attraverso un larghissimo confronto, arricchendolo di contenuti ed idee – perché tante mani e tante intelligenze vi hanno lavorato – al fine di individuare misure che mirano a promuovere l’occupazione, in un’ottica di qualità, sicurezza e regolarità del lavoro.
Dal 2006 al 2008 l’incarico di vice ministro della Pubblica Istruzione. Un’esperienza complessa, perché la scuola è un sistema di grande delicatezza e complessità, ma certamente entusiasmante e che ha meritato un impegno oneroso e totalizzante.
Dopo l’elezione al Senato nel collegio dell’Emilia-Romagna nel 2008, ho fatto parte del governo ombra PD, con delega ai Rapporti con le Regioni. Sono stata responsabile nazionale scuola del Partito Democratico.
La legislatura (2008-2013) trascorsa in Senato è stata impegnativa; ma l’essere all’opposizione del governo Berlusconi e poi nelle “strettoie finanziarie” del governo Monti ha reso molto difficile per i Senatori del Pd ottenere risultati politici significativi. Personalmente ho continuato ad occuparmi di scuola e di federalismo ed autonomie locali, in qualità di componente della I Commissione Affari Costituzionali e della Commissione Bicamerale Affari Regionali. Per la scuola è stata la fase dei tagli insostenibili, attuati dal Ministro Gelmini su indicazione del Ministro Tremonti, e della demolizione delle realizzazioni positive che il Governo Prodi, pur nel suo tempo brevissimo, aveva attuato, quali il piano di stabilizzazione di 150.000 docenti e 30.000 Ata e l’innalzamento dell’obbligo d’istruzione e dell’età di ingresso nel lavoro a 16 anni.
Non mi sono ricandidata in Parlamento nel 2013 e ho deciso di impegnarmi a livello territoriale. La vicinanza ai cittadini e alle comunità locali mi appaiono oggi una necessità per innovare la politica e per dare vita a riforme strutturali che siano di sostegno ad uno sviluppo di qualità e all’occupazione.
Sono attualmente componente del coordinamento politico del Pd dell’Emilia- Romagna e della direzione Pd modenese. Sono tra le fondatrici di agendER, una rete di persone volta a mettere in rete gli interventi culturali, a migliorare la vivibilità della città e valorizzare le opportunità del territorio modenese e regionale.
Libera da impegni istituzionali, mi sono dedicata ad una riflessione sulla scuola pubblica, che ho sintetizzato nel libro “Scuola,missione incompiuta“, pubblicato da VIttoria Maselli Editore (VME), e sul tema delle competenze e della formazione per la politica.